Il Gelso fa parte della famiglia delle Moracee e, sia bianco sia nero, è sempre stato collegato alla coltivazione del baco da seta grazie alle sue foglie. Soprattutto quello bianco, con l’avvento delle fibre sintetiche e l’abbandono dell’allevamento del baco da seta, è andato scomparendo, ma mediante studi e antiche tradizioni, sono stati poi utilizzati per le altre loro peculiarità. Ma di certo le più golose sono le more di gelso!
Di Gelso ne esistono due tipi:
Gelso Bianco
ha un frutto carnoso giallastro-bianco, dolciastro ma con tendenza all’acidulo, quindi poco gradevole e per questo poco utilizzato in cucina: in tal caso, specificatamente per usufruire del suo effetto lassativo. Gli studi scientifici hanno constatato che possiede anche una notevole attività antibatterica contro il batterio coinvolto nella carie dentale.
E la radice è molto apprezzata come rimedio naturale contro la tosse e l’asma. Gli antichi producevano una farina dolcificante a partire dai suoi frutti essiccati, vista la grande quantità di zuccheri che contiene.
Gelso Nero
molto simile al precedente, possiede però frutti più grossi e saporiti, di colore nero-violaceo, succosi, che consentono di produrre uno sciroppo acido e astringente che, diluito nell’acqua, diviene un ottimo dissetante e un efficace colluttorio (per gargarismi) in caso di infiammazioni alla bocca o alla gola e di tosse, come espettorante.
Ed anche la corteccia della radice viene utilizzata come diuretico, purgante, ipoglicemizzante ed antianemico, nonché recenti studi hanno rilevato che in essa è contenuta anche la morusina, flavonoide con azione analgesica ideale nei casi di dolori alle terminazioni nervose (nella cute, sottocute, muscoli, fasce muscolari, articolazioni, periostio, sistema vascolare).
Il gelso nero poi, contiene anche antocianosidi (azione vaso protettrice), acidi organici e glucidi; nelle foglie si trovano anche aminoacidi, acido folico, acido folinico, manganese, zinco boro, rame e composti volatili con azione diuretica e antibiotica e l’estratto che si ricava riequilibra il metabolismo cellulare diminuendo il grasso ed il colesterolo contenuti nel sangue. Avendo, sia le foglie sia le radici, anche il tannino, la pianta del gelso viene sconsigliata in tutti i suoi usi (infuso e decotto) se si soffre di gastrite e ulcera gastroduodenale.
Non bisogna dimenticare che come frutto, il gelso nero può essere tranquillamente mangiato al naturale e che, solitamente, in piena maturità, viene utilizzato per preparare gelatine, confetture, marmellate, sciroppi, sorbetti e, data la quantità di zuccheri che possiede, anche per ottenere bevande alcoliche, per fermentazione. La polpa viene usata in cosmesi per maschere lenitive di pelli secche ed il succo nelle lozioni idratanti.
Come usare il gelso?
Infuso: sminuzzate una manciata di foglie in mezzo litro di acqua e lasciate in infusione per 10 minuti e bevetene 3 tazze al giorno prima dei pasti principali. Può essere utilizzato per gargarismi in caso di angina, stomatiti e afte e per curare la diarrea e beneficiare delle sue proprietà diuretiche ed antibiotiche.
Decotto: con le foglie, usatene 2 manciate in ½ lt di acqua; con la corteccia, usate 5-12 gr per ½ lt di acqua. E’ ideale in caso di diabete ed insufficienza renale. Con il frutto, versate 100 gr di more in 1 lt di acqua (in una pentola) e ponete sul fuoco. Fate bollire per mezz’ora e poi spegnete. A parte, fate sciogliere 50 gr di zucchero in acqua calda. Con un colino, filtrate il decotto di more e aggiungete quindi lo zucchero sciolto. Il decotto è pronto e potete berlo ancora caldo: è ideale come espettorante e per calmare la tosse nei bambini o persone deboli/delicate.
Sciroppo: 40gr di sciroppo di more di gelso è ideale per fare gargarismi in caso di afte e faringite, lo si può acquistare in farmacia.
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Impacco per la pelle: fate bollire le foglie e procedete poi facendo degli impacchi sulle zone irritate.
Liquore: miscelate la polpa con alcool e zucchero e lasciatela riposare al sole per 4 giorni. Agitatela, talvolta, per far sciogliere bene lo zucchero. Ponetela poi al buio per 40 giorni, in un luogo asciutto: ideale è lasciarlo invecchiare ancora per 2 mesi.