Tutti gli appassionati di sport e palestre hanno a che fare con il tradizionale stretching, che si effettua soprattutto dopo una estenuante seduta di allenamento, dopo un corso di attività fisica o semplicemente dopo una camminata veloce o una corsa.
In pochi sanno, se non gli addetti ai lavori e agli amanti dell’attività fisica, che ci sono due tipi di stretching, a riposo (statico) e in movimento (dinamico). E’ una questione legata alla tipologia di allenamento o sport o c’è dell’altro? Vediamo insieme in cosa consistono le due tecniche di allenamento e quando si fa l’una e quando l’altra.
Tecniche di allungamento
Lo stretching statico e quello dinamico sono due tecniche di allungamento che non vanno confuse. Quella più attiva serve all’inizio dell’allenamento e di qualsiasi attività fisica per preparare i muscoli al lavoro. La più statica, invece, si fa alla fine dell’allenamento per riportare i muscoli alla situazione iniziale di riposo.
All’inizio lo stretching serve per dare flessibilità muscolare, alla fine per allungare i muscoli e smaltire lo sforzo, la forza e l’acido lattico accumulato durante la sessione di allenamento. Quali di questi esercizi facciamo più volentieri? Sappiamo davvero come si fanno? Vediamo insieme le differenze sostanziali tra lo stretching in movimento e quello a riposo, entrambi fondamentali per la qualità dell’allenamento.
E’ importante, inoltre, scegliere il tipo e il momento giusto, in base allo sport e alla disciplina che abbiamo scelto di seguire.
Stretching dinamico o in movimento
Lo stretching ad inizio allenamento, denominato dinamico è fondamentale per evitare infortuni e traumi. Questo esercizio scalda, scioglie e risveglia ed è una tappa fondamentale per stendere i muscoli, articolazioni e nervi eseguendo un movimento e prendendo velocità man mano che lo si ripete.
Lo stretching dinamico è importante per scaldare i muscoli che fino a quel momento vivono una situazione di stallo “a freddo”. Il lavoro viene fatto sulle gambe e con le braccia facendo molta attenzione agli allungamenti (a non stirarsi) e alla respirazione.
E’ importante anche la flessione del collo per scaldare la zona cervicale, molto sensibile a variazioni climatiche e ad eventuali movimenti bruschi e sbagliati. Per questo motivo è bene rivolgersi ad esperti e istruttori per farsi spiegare il metodo corretto per fare stretching.
No bisogna mai saltare la fase dinamica di pre-riscaldamento, aumentare i ritmi e l’intensità una volta che gli esercizi sono ormai facili e acquisiti e ricordarsi di mantenere la stessa sequenza quando si va in palestra:
- stretching dinamico
- fase aerobica
- esercizi più impegnativi
- stretching statico
Stretching statico o a riposo
Veniamo ora alla seconda tecnica di allungamento, quella che si fa dopo gli allenamenti, lo stretching statico a riposo. Questo esercizio stende, rilassa, elimina l’acido lattico, ha una breve durata in cui si mantiene una posizione massimo per 30 secondi.
Lo stretching post-allenamento è fondamentale per il rilassamento muscolare. I muscoli, infatti, sono stati contratti ripetutamente durante la sessione di attività fisica e quindi essendo pieno di acido lattico devono essere rilassati.
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Lo stretching statico aiuta il muscolo a tornare a riposo, allo stato iniziale pre-allenamento. L’obiettivo è quello di evitare di sentirsi “distrutti e rotti” il giorno dopo l’allenamento. E’ importante non svolgere mai questo allungamento prima degli allenamenti, si rischia;
- stiramenti e strappi
- di disinnescare l’abilità muscolare
- performance scarsa
Lo stretching statico va fatto sempre ” a caldo” e bisogna saper usare la respirazione e accertarsi di non sforzare troppo i muscoli.