Alluce valgo cause e rimedi

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L’alluce valgo è una deformità a carico del primo dito del piede e più precisamente della prima articolazione metatarso-falangea, riscontrabile più frequentemente nella donna rispetto all’uomo. Questa patologica è facilmente riconoscibile dalla presenza della classica “cipolla”.

L’età più colpita è quella tra i 40 e i 60 anni, ma negli ultimi anni questa patologia è aumentata anche tra le giovani, spesso anche in fase adolescenziale.

L’uso di calzature troppo strette, punte a forma triangolare e tacco alto possono essere dei fattori predisponenti e/o scatenanti.

Le percentuali di successo nella sua correzione sono circa dell’85%, con ottimi risultati anche estetici. L’intervento è di tipo funzionale, in cui l’indicazione principale è il dolore e non l’inestetismo.

La causa è spesso legata alla conformazione anatomica sia del piede, sia di tutto l’arto inferiore. In presenza di alluce valgo, lì appoggio del piede viene gravemente condizionato, fino alla comparsa della tipica deformità. Molto spesso l’alluce valgo coesiste con il problema dei piedi piatti o cavi.

L’alluce valgo è caratterizzato dalla deviazione progressiva verso l’esterno dell’alluce, insieme alla formazione di una prominenza ossea a livello della prima articolazione metetarso-falangea, la così detta cipolla o patata, con relativa borsite reattiva, cui si associa la sub-lussazione dei sesamoidi, due piccoli ossicini posti sotto la pianta del piede proprio la testa del primo metatarso.

La deviazione progressiva dell’alluce verso l’esterno porta inevitabilmente alla deviazione e deformazione anche delle dita vicine, che assumono una classica forma detta a “martello”.

Tutto questo provoca gravi alterazioni all’avampiede, quindi alla postura del corpo e alla normale deambulazione, coinvolgendo anche ginocchia, bacino e colonna vertebrale.

La redistribuzione anomala del carico, comporta anche la comparsa di lussazioni, callosità spesse e dolenti (soprattutto alla base del 2°, 3°,4° dito e sul bordo esterno del 5°).

In fase iniziale può essere utile utilizzare plantari correttivi (simili a dei cuscinetti) atti a ripristinare il corretto orientamento dell’asse biomeccanico. Qualora la deformità sia già strutturata si può invece ricorrere solamente all’intervento chirurgico.

Le tecniche sono diverse, sia a cielo aperto che chiuso, le così dette tecniche percutanee o mini-invasive, che permettono attraverso piccoli fori sulla pelle di correggere le alterazioni strutturali legate alla patologia dell’alluce e delle altre dita adiacenti.

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Le tre principali tecniche che si utilizzano sono:

–       sulle parti molli, cioè si corregge la deviazione, intervenendo su capsule, legamenti e tendini. Si torna a posto in 3 settimane durante le quali è consigliabile camminare ed esercitare il dito.

–       di osteotomia percutanea distale (PDO), cioè con questa tecnica si interrompe la continuità dell’osso e viene ristabilita la giusta posizione. Il recupero è di 4 settimane. Si può utilizzare parzialmente il piede ma si devono indossare scarpe adatte.

–       di sostituzione protesica cioè è una tecnica molto selettiva e di solito si fa solo ce ci sono altre patologia associate (artrosi o alluce rigido). Il recupero è di circa 3 settimane.

La “cipolla” viene solitamente attenuata o rimossa utilizzando piccole frese, come quelle che utilizzano i dentisti.

La correzione percutanea si applica nella maggior parte dei casi (70%), a patto che la deviazione angolare del primo dito e del primo metatarso rimangano entro certi valori limite, valori valutati attraverso una semplice radiografia sotto carico dei piedi. Nei casi più gravi si ricorre a tecniche miste a cielo chiuso-aperto o tutte a cielo aperto attraverso micro-incisioni, con l’utilizzo anche di mezzi di fissazione metallica temporanei e permanenti (fili, viti, cambre…).

L’intervento si svolge in regime di day hospital o addirittura ambulatorialmente senza ricovero, con un anestesia locale o loco-regionale. Consentendo al paziente già dopo l’operazione di deambulare autonomamente.

Il trattamento post-operatorio consiste nel camminare indossando un’apposita scarpa ortopedica a suola rigida senza tacco per circa un mese, mantenendo un bendaggio in ipercorrezione da rinnovare settimanalmente.

Dopo un mese si potranno indossare scarpe ben ammortizzate a punta larga.

Le complicazioni di questo tipo di intervento possono essere una parziale recidiva della patologia e una residua rigidità dell’articolazione dell’alluce.

Se ne ha sofferto qualcuno in famiglia è molto probabile che possiate svilupparla anche voi, con ripercussioni anche sul piano psicologico.

Sonia Brunelli vive a Imola dove ha studiato agraria occupandosi di alimentazione per diversi anni in una nota azienda del territorio. Si è poi specializzata nella gestione aziendale e ad oggi lavora per una ditta che promuove nuove starup con progetti e idee innovative.